Risale al 1992 la pubblicazione di “Mi pare un secolo”, edito da Einaudi. Frutto dell’opera di Paola Agosti e Giovanna Borgese, con la sua nutrita collezione di ritratti e di testimonianze dei “grandi vecchi” – uomini e donne all’epoca ultrasettantenni che con la loro opera artistica e intellettuale avevano contribuito a delineare i caratteri della cultura del Novecento – il libro rappresenta non tanto una curiosità per i cultori di tali grandi personalità, quanto un importante riferimento per quanti abbiano voglia di capire l’essenza del cosiddetto “secolo breve”, secondo la definizione di Eric Hobsbawm che proprio ad aprire il suo celebre saggio aveva scelto dodici fra le testimonianze rilasciate alle due fotografe ed originariamente apparse a commento di quei ritratti. Varie mostre, in Italia e all’estero, seguirono alla pubblicazione della loro opera.
Dall’esperienza di allora, e da un’ormai ventennale amicizia e collaborazione tra due donne così diverse per temperamento ed evoluzione professionale, come pure da una recente esposizione presso l’Istituto Italiano di Cultura a Parigi, è nata l’idea di proporre le immagini di alcuni fra i maggiori rappresentanti della cultura italiana del secolo passato nella mostra “Il volto delle parole”, attualmente visitabile a Monza nello spazio espositivo del Binario 7, grazie al patrocinio del Comune e di Scenaperta spa.
Per questa mostra sono esposte 50 immagini in bianco e nero, ritratti di altrettanti intellettuali italiani del Novecento, nei quali le autrici hanno saputo sapientemente cogliere espressioni transitorie rivelatrici dei caratteri di questi personaggi, ma anche atmosfere dei luoghi quotidianamente vissuti non meno che di quelli deputati alla loro attività di pensatori.
Grazie all’abilità delle fotografe, e forse grazie anche al particolare modus operandi (dettato dalla decisione di scattare insieme) tali personaggi, presi “fra due fuochi” e “distratti”, ci appaiono quasi dimentichi, se non del proprio ruolo, della propria “maschera sociale”. E ci sorprendono con la spontaneità ed autenticità che troviamo nel loro porsi di fronte all’obiettivo.
Agli occhi del visitatore si alternano volti sorridenti o pensosi, intenti a comunicare con chi li stava fotografando o apparentemente chiusi nelle proprie riflessioni.
Sono i volti che si celavano dietro la parola scritta. A volte tanto restii ai fotografi da aver lasciato dietro di sé rarissime immagini: è questo il caso, ad esempio, di Anna Maria Ortese concessasi allo “sguardo discreto” di Paola Agosti.
E’ “il volto delle parole”, come recita il titolo della mostra (curata dal critico Alberto Crespi) e del catalogo che l’accompagna, in cui a ciascun volto è accoppiata la glossa di un suo breve brano.
Un volto che poteva essere una rivelazione, e che miracolosamente oggi conserva l’aura tutta speciale di un’epoca ben diversa dalla nostra per la quale l’immagine di uno scrittore non è che il richiamo pubblicitario per la vendita del suo ultimo libro, ormai ridotto a un prodotto come un altro.