Lo Specchio Incerto

Tra immagine e parola

Claudia Romiti


Verso l’iperuranio

Copyright: Claudia Romiti. Da "Verso l'iperuranio"
© Claudia Romiti. Da "Verso l'iperuranio"

Poiché la fotografia non può che attestare un hic et nunc concreti, ovvero la presenza di qualcosa che in un dato momento si è trovato dinnanzi a un obiettivo, o quantomeno innanzi a un materiale fotosensibile, essa è – citando Roland Barthes – “un certificato di presenza” di quel dato reale, non tanto perché sia in grado di riprodurlo puntualmente, quanto perché ne costituisce una vera e propria “emanazione”, tanto che – conclude Barthes – “da un punto di vista fenomenologico, nella Fotografia il potere di autentificazione supera il potere di raffigurazione”.
E’ questa certificazione fenomenologica, l’assunto da cui parte Claudia Romiti per la sua ricerca: una ricerca di ordine metafisico ed esistenziale per sondare un’ignoto che è dentro e fuori di noi,
Nelle sue immagini in bianco e nero il dato contingente diventa così un pretesto per indagare ciò che ai nostri sensi non è dato di penetrare. Un’oscurità generalizzata le avvolge sovente, rendendo meno intelligibili oggetti e situazioni, trasfigurati in emblemi dell’umana incapacità d’attingere direttamente alle fonti della realtà, dacché il filtro della nostra percezione sensibile trasforma ogni cosa. E‘ il “velo di Maya”, di schopenhaueriana memoria: quello della soggettività che tutto informa di sé.
Una tensione concettuale è determinata, però, dal fatto che – in quanto fotografia – esse restano visioni flagranti e integre dalla corruzione interpretativa dei sensi; istantanee almeno per un momento immuni da una rappresentazione mentale.
Nella sua più recente produzione, soprattutto, la fotografa s’interroga sull’illusorietà dei sensi e sull’insondabilità della natura e del destino umani. Nel farlo, riunisce in un tutt‘uno ripresa fotografica tradizionale ed elaborazione in camera oscura, a riprova che l’intero processo fotografico è gravido di informazioni immediate (non mediate dai sensi) e che la raffigurazione più “realistica” e tradizionale in fotografia è, in effetti, meno veritiera dell’impronta fotochimica lasciata da un oggetto “a contatto” con la pellicola o la carta sensibile.
Ciò che pone ora dinnanzi agli occhi dello spettatore sono pannelli sistematicamente scissi in due zone: l’una piena di figure ingarbugliate di svariata natura, le quali procedono dal caos all’ordine (al cosmos per dirla alla greca, evocando l’armonia dell’universo); l‘altra vuota, che richiama alla mente il “mu“ dello zen, l’indicibile nulla condizione di ogni possibilità, contenitore d’ogni cosa.
A collegare le due parti, complementari, un filo concreto e reale, ma che crea un’ambiguità, un’incertezza visiva, rimarcando nuovamente l’insufficienza dei sensi.
Il titolo di questo lavoro, “Verso l’iperuranio”, precisa il significato e l’aspirazione del complesso percorso, che Claudia Romiti sta percorrendo, dal quotidiano illusorio, ed impermanente, verso un mondo ideale di realtà immutabili ed eterne. Un cammino, si direbbe, verso l’illuminazione.

Rosa Maria Puglisi

Pubblicato anche su Fotologie

[il sito di Claudia Romiti]

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