“Siamo tutti fotografi ora!” E’ questo lo slogan di un progetto del Musée de l’Elysée, che invita ogni persona a mandare via internet le proprie fotografie: “Ci piacerebbe mostrare le vostre fotografie, quali delle vostre immagini vorreste in mostra in un museo?”

Funziona così: nel corso del progettto (iniziato l’8 febbraio, durerà fino al 20 maggio) ogni settimana vengono scelte a caso da un computer mille immagini, le quali saranno stampate su carta HP (infatti, il progetto è organizzato si grazie alla partnership di vari musei, gallerie, università, ma anche di note ditte!). Le immagini così selezionate verranno poi esposte per una settimana, al termine della quale saranno rimpiazzate da altre mille e così via, fino alla fine dei termini prescritti. Alla fine, però, rimarranno archiviate nella collezione permanente del museo.

Che scopo può avere questo progetto – con il suo slogan tanto accattivante e la sua promessa di libero accesso per le immagini di chiunque addirittura in un museo – appare chiaro dal momento che è dichiarato dal sito nelle cosiddette “key questions”.

Niente a che vedere con l’analogo assunto di Beuys, per il quale “ogni uomo è un artista” (in potenza, s’intende!) grazie alla naturale propensione umana verso la creatività e la manipolazione della realtà circostante. Nessuna esaltazione di un innato, o acquisito “occhio fotografico”, magari grazie alla massiccia esposizione alle immagini che subiamo quotidianamente.

Qui si tratta de “la rapida mutazione del fotografia amatoriale nell’età digitale”.

Ovvero si cerca di far luce su alcuni interrogativi scottanti, come: è rivoluzione o soltanto evoluzione il passaggio al digitale? Tale passaggio costitisce una vera democratizzazione della fotografia? Il cosiddetto “citizen photojournalism” è degno di questo nome? Il passaggio al digitale minaccia davvero la sopravvivenza dei fotografi professionisti? Rappresenta questo una transizione verso una maggiore autenticità o veridicità? Infine, ultimo e ben strano quesito: è all’orizzonte un vero “Casual Capture”? Pare sia questo il nome dato dagli ingeneri HP ad un ideale futuro di “picture-taking” senza sforzo.(???)

Encomiabile iniziativa, dal punto di vista sociologico, sembra tuttavia non immune da influenze commerciali. È un esperimento elettronico, una mostra, ma anche un modo di far pubblicità, questo è chiaro.

Un interessante esperimento sociologico, innovativo nei suoi intenti di ricerca, ma forse anche un po’ fuorviante ad una lettura superficiale del bando. Al di là dello slogan, non siamo tutti fotografi!

Come non siamo tutti artisti, dacché le potenzialità creative e comunicative di ognuno vanno coltivate, e – per quanto riguarda l’arte – non basta l’esercizio a fare il “maestro“, lo fa invece la consapevolezza dei mezzi e soprattutto quella dei risultati che si vogliono ottenere.

Questo mi renderà impopolare, lo so, ma credo che un’istituzione museale dovrebbe ribadire il concetto che l’arte è un’altra cosa. O forse, ancora una volta, non si considera arte la fotografia? E poi non si dovrebbero far passare argomentazioni del tipo: “Durante l’intera storia della fotografia, gli approcci amatoriale e professionale alla fotografia sono stati distinti e spesso contrari, in lotta l’uno contro l’altro per la supremazia. La rivoluzione digitale ha mandato irrevocabilmente in tilt il campo di battaglia in favore del fotoamatore? O la tradizionale rivalità è stata spazzata via?”

Quale rivalità? Il mercato ne impone oggi una?

Riguardo alle opinioni degli organizzatori dell’evento sulla fotografia amatoriale, in quale considerazione tengano questo genere d’immagini si capisce bene dal fatto che a selezionare le foto da mostrare, e persino da conservare in archivio, è un computer in modalità random!