Com’è consuetudine per FotoGrafia, ogni anno vien chiesto ad un celebre fotografo di produrre un lavoro su Roma e quest’anno era toccato a Graciela Iturbide di raccontare attraverso i propri scatti la Capitale.
La mostra, ancora per pochi giorni visitabile al Tempio di Adriano, com’è accaduto anche in precedenti edizioni del festival, ahimè, rende conto di quanto difficile sia l’operare su commissione. Specialmente per quegli artisti che traggono soprattutto ispirazione non solo dalla tecnica e dalla ragione, ma sorattutto dal piacere personale ed hanno, quindi, di preferenza un approccio libero e in una certa misura “sentimentale”. Per cui l’opera la commissione potrebbe risultare come una briglia.
Per renderle giustizia, pubblico qui in versione integrale un’intervista rilasciatami nel 2002 (in occasione della prima edizione del festival) e pubblicata su Cultframe col titolo “Il senso poetico del tempo“.
Si tratta di una intervista veramente lunga, ma che credo valga la pena di leggere nella sua interezza, perché fa luce sul lavoro di questa fotografa, e sul suo modo di concepire la fotografia e il mondo.
Interessanti sono, però, anche i suoi continui accenni al suo “maestro”, Manuel Alvarez Bravo – allora ancora in vita – che sarebbe morto lo stesso anno, ultracentenario.
L’intervista è, naturalmente, nella pagina dedicata a Graciela Iturbide.