L’esperienza recente del workshop, che ho tenuto per Deaphoto, è ancora viva nella mia mente mentre scrivo, per quanto sia ormai trascorso un po’ di tempo. E mi fa piacere dedicare questo post ai protagonisti di quel laboratorio sulle cui premesse ho scritto diffusamente qui.
Nel formulare il suo titolo, “la mia storia”, avevo pensato già di fornire un preciso indizio su come il percorso proposto fosse pensato per dare agio ai fotografi  di narrarsi in maniera del tutto personale: di mettere a fuoco, cioè, la propria storia e il proprio vissuto quotidiano non tanto nei semplici termini di “storia di ciò che mi è capitato o che mi accade”, quanto piuttosto in quelli di “storia che racconto io”, ovvero sia “mia versione/visione delle cose”.
Punto di partenza per questo viaggio sono stati alcuni scatti preesistenti, che ai fotografi è stato chiesto di portare con sé: foto ritenute significative allo scopo di dire qualcosa della loro vita (ne vedete tre qui di seguito).

© Alessandro Comandini
© Alessandro Comandini
@ Diego Cicionesi
@ Diego Cicionesi
© Sofia Bucci
© Sofia Bucci

Proporre in un workshop fotografico un approccio mutuato dalla cosiddetta “relazione d’aiuto” sembrava azzardato, poiché era lecito temere che potesse sembrare inaccettabile a dei fotografi l’idea di lavorare in una maniera tanto insolita. A cominciare dall’opzione, che  era stata data loro, di scegliere le fotografie da portare e su cui lavorare anche fra immagini personali, tratte dall’album di famiglia. Quindi non necessariamente scattate da loro.
Perciò è stata una gradita sorpresa scoprire che ben due dei partecipanti avevano scelto di portare con sé “foto di famiglia” come spunto iniziale. E che uno di loro, addirittura, abbia poi deciso addirittura di mettersi in gioco tentando la difficile e per nulla scontata strada di trattare proprio quelle immagini come materiale vivo della sua narrazione (fatta di parole e immagini), più che semplice occasione di evocazione emotiva e rilancio verso nuovi scatti.

© Giovanni Masi
© Giovanni Masi
© Giovanni Masi
© Giovanni Masi

Sicuramente una scelta originale, estranea agli stereotipi della fotografia attuale, e una concreta affermazione della propria libertà di sperimentare in ogni direzione, senza farsi bloccare dalla paura di sbagliare.
Perché poi – diciamocelo chiaramente – la fotografia contemporanea ci mostra con grande evidenza come non esistano scatti “giusti”, ma esistano solo scatti funzionali ad estrinsecare l’idea che il fotografo intende esprimere, e anche il fatto che spesso si arriva ad un prodotto “finito e valido” attraverso un percorso tortuoso.
Ognuna delle scelte espressive messe in atto dai partecipanti si è rivelata profondamente personale, ed in varia misura sperimentale per quanto attiene ai rispettivi percorsi.
Ognuno di loro ha accettato di buon grado l’opportunità di fare, per così dire, un passo di fianco per guardare il proprio modo di fare fotografia  (e forse la propria stessa realtà?) da una diversa prospettiva.

© Alessandro Comandini
© Alessandro Comandini
© Alessandro Comandini
© Alessandro Comandini

Del resto era proprio questo l’obbiettivo del laboratorio: elicitare in loro la libertà di esprimere il proprio “occhio fotografico”. Oltre a sollecitare l’osservazione e la narrazione della quotidianità, che peraltro è tema alquanto complesso. Vuoi perché la nostra osservazione, assopita dalla routine quotidiana, cessa di notare quel che ci circonda e di trovarvi spunti di rilievo. Vuoi perché implica un riconoscimento di come percepiamo il nostro ambiente e una rappresentazione di come ci figuriamo il mondo, ma anche di quella che è la nostra modalità di interagire con l’ambiente circostante.

diary
© Sofia Bucci
© Sofia Bucci
© Sofia Bucci

Il compito era quello di tralasciare le consuetudini proprie, e soprattutto quelle acquisite in ossequio a un unico modo di vedere e di mostrare il mondo attraverso i propri scatti.  Per scoprire in questo racconto di sé l’originalità del proprio “io narrante”.

Immagino sia difficile cogliere l’entità dei risultati ottenuti attraverso le poche immagini che questo post può ospitare, ma – credetemi – io stessa sono rimasta sorpresa. E poco importa se le “storie” che mi sono state presentate siano un punto di partenza o punto di approdo. Quello che conta è la possibilità di cambiamento che questi fotografi si sono concessi di sperimentare, perché tutto cambia continuamente ed è assurdo rimanere ancorati a vaghe prescrizioni nel fotografare.
Anche perché quella che mostriamo nelle nostre fotografie è la nostra visione personale e in nome di cosa dovremmo privarci da soli della libertà di esprimerla?

Ringrazio Sofia Bucci, Diego Cicionesi, Alessandro Comandini, Giovanni De Leo e Giovanni Masi per aver accettato di scommettere sulla creatività e sul cambiamento. 🙂

© Diego Cicionesi
© Diego Cicionesi
© Diego Cicionesi
© Diego Cicionesi