
Prendo spunto dalla tre giorni (26-27-28 novembre) del MEI (il Meeting degli Indipendenti), che si svolge come di consueto a Faenza – promuovendo ormai non soltanto la musica indipendente ma pure altre realtà della scena artistica italiana – per segnalarvi “Wild dogs run” di Hollowblue e Sukie Smith (anche nota come Madam).
E’ il primo video ad essere realizzato, in Italia in stereoscopia 3D, e prodotto dalla REDEYE FILMSTUDIO, una società cross mediale genovese, nata di recente dal sodalizio fra la fotografa e art director Alessandra Vinotto ed il regista Francesco Rotunno, i quali – al MEI appunto – riceveranno ancora un premio per questo lavoro; il secondo, dopo il prestigioso BEST 3D MUSIC VIDEO AWARD, loro assegnato al 3D Film Festival di Hollywood, dove rappresentavano l’Italia gareggiando contro – tra gli altri – “We are the world for Haiti 2010” del premio Oscar Paul Haggis, un video di Slash in “By the Sword” 3D , un video di Missy Elliott, il video di The Crystal Method “Drown in the Now”.
“È il primo esperimento di tecnica stereoscopica di ultima generazione applicato al mondo del videoclip. I colori, le scenografie, le luci e la postura dei personaggi sulla scena vogliono essere un omaggio alle atmosfere oniriche dei film di David Lynch, mentre i primi due minuti di piano-sequenza ininterrotti sono dedicati a due grandi maestri del cinema quali Orson Welles ed Alfred Hitchcock”.
E’ un video raro per stile ed equilibrio, in cui la tecnologia avanzata non fa, come spesso fatalmente accade, semplicemente sfoggio di sé stessa, ma diviene prezioso strumento di espressione di un mood e di un’azione dai toni teatrali intensi, senza mai cedere alla tentazione di eccessi da “puro effetto speciale”.
Ogni elemento in esso è stato pensato per costruire il tessuto narrativo del filmato alla luce della tecnologia usata, con uno sforzo di adattamento fra forma e contenuto che va ben al di là di quel che possiamo immaginare, guardando un video dove notiamo solo una totale fluidità d’espressione: tutto scorre, insomma, liscio come se fosse stato girato con spontaneità e in gran semplicità di mezzi. La verità, però, è ben diversa e lo scopriamo in un’interessante articolo su Ondacinema, dove apprendiamo i retroscena di questa produzione così particolare.
Dispiace scoprire come in Italia simili pregevoli prodotti, il cui valore viene fortunatamente riconosciuto all’estero, lungi dal ricevere sostegno da uno Stato per il quale l’arte e la cultura vanno tagliate senza pietà, possano poi addirittura rischiare di essere soppiantati da altri che, pur essendo ben più modesti, possono tuttavia usufruire del forte battage di una nota casa discografica (leggi qui).
Chi ora abbia voglia di guardare “Wild dogs run” deve solo munirsi degli appositi occhialini e cliccare qui!
mi pare che l’unico link interessante tra quelli che riporti è quello relativo all’articolo pubblicato su indie-eye.it, testata molto attenta all’evoluzione del 3D come linguaggio, tant’è lo dicono esplicitamente: non sono i primati ad interessargli, quanto l’uso consapevole di uno strumento che si trasforma in linguaggio; è un articolo anche sin troppo colto per la media dei lettori “indie”, ma che ci vuoi fare, viviamo in una provincia dell’impero che deve per forza fare le classifiche tra primi e secondi invece di interrogarsi sul modo di guardare.
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I link riportati sono – a mio parere – utili a chi voglia semplicemente avere qualche indicazione extra riguardo a cose e persone trattate. Sono contenta che l’articolo di indie-eye.it abbia in più suscitato il tuo interesse.
E’ naturalmente vero ciò che dici riguardo alla necessità di interrogarsi sul modo (sui modi) di guardare (e di fare!). Tuttavia vorrei ricordarti che a volte – nel nostro Paese – arrivare primi è la sola chance che si ha di far parlare del proprio lavoro, quando non si fa parte di quei circuiti di distribuzione che rappresentano il mainstream!
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