
Fino all’8 dicembre sarà possibile visitare, presso l’ex Manifattura Tabacchi di Lucca (Piazzale G. Verdi), “Ri-Africa”, mostra fotografica che presenta il progetto con il quale Claudia Romiti si è guadagnata, nell’ambito del Lucca Digital Photo Festival, il premio destinato ai talenti emergenti della fotografia (vedi articolo).
In mostra una selezione del lavoro, costituito da una quarantina d’immagini per lo più a colori (che i visitatori possono ammirare tutte in uno slide-show) attraverso le quali la fotografa ci offre una sua rilettura affatto nuova del tema dell’immigrazione. Nuova perché del tutto scevra della consueta retorica riproposta in tutte le possibili versioni da reportage che hanno sfinito lo spettatore, il quale ormai si limita a subirne ogni ulteriore riedizione in maniera del tutto acritica.
Così, se altrove la figura dell’immigrato è immancabilmente trattata come quella di un disperato – la cui vita è nel migliore dei casi raccontata in chiave pietistica, nel peggiore in una forma che rasenta un vojerismo che si pasce delle disgrazie altrui – qui ne abbiamo invece una visione limpida e serena; oggettiva per un verso, ma al contempo totalmente simbolica ed universale.
L’idea semplice, ma tutt’altro che banale, è quella di far sfilare dinnanzi ai nostri occhi degli individui, che si recano a lavorare.
Niente di drammatico in tutto ciò: non c’è tristezza nè fatica, non c’è soprattutto svilimento della loro dignità. Procedono quietamente, pieni di quelle cianfrusaglie colorate che faranno felici i loro acquirenti: si tratta, infatti, dei cosiddetti “Vucumprà”, una categoria che per anni ha incarnato l’idea del migrante africano agli occhi un tempo bonari degli Italiani, oggi più spesso sospettosi.
Gli scatti si ripetono simili eppure diversissimi, riprendendo sul medesimo sfondo una sorta di processione, fatta da questi lavoratori, che paiono sbucare tutti dallo stesso paesaggio: un paesaggio, la cui spoglia vuotezza l’autrice riduce ad un bianco e nero senza tempo, ad indicare che il problema dell’immigrazione dall’Africa ha radici lontane nel passato, e che questo rituale del recarsi a lavoro in terra straniera rappresenta un ennesimo ritorno, che riporta tutto ad una dimensione di corsi e ricorsi storici.
A seconda dello sguardo con cui si avvicina a queste immagini cicliche e raffinate al livello formale, probabilmente qualcuno vedrà a stento gli uomini e vorrà gustarsi soprattutto il ritmo e i colori dell’insieme. Forse qualcun altro non riuscirà affatto a vedere degli individui, ma vedrà solo la maschera sociale da poveracci che è stata loro cucita addosso dai benpensanti.
Ognuna di queste fotografie è, però, un ritratto e costituisce il tassello di una storia complessa, ricca di sottili sfumature.




