A vent’anni dall’apertura dell’ormai celebre “Refettorio delle Stelline”, la Fondazione del Gruppo Credito Valtellinese continua la sua operazione di promozione e divulgazione dell’arte contemporanea e oggi annovera varie sedi espositive sparse per l’Italia., fra le quali una anche in Sicilia ad Acireale. Ultima arrivata in ordine cronologico, perché inaugurata nel 2004, è già un punto di riferimento nella realtà culturale siciliana.
Attualmente – e fino al 27 ottobre – nei suoi locali, che sono quelli di un palazzo nobiliare settecentesco, presenta “Cave”, una mostra fotografica nata da un progetto eseguito su commissione per la Fondazione da Marco Anelli e Stefania Beretta.
L’idea era quella di raccontare realtà territoriali “periferiche”, poco note al grande pubblico, dove “la materia si identifica con il luogo e viceversa”. Per far ciò, Beretta è stata incaricata di documentare le cave siciliane, Anelli quelle valtellinesi: un modo per creare un ideale trait d’union fra nord e sud, fra i luoghi oltretutto dove sono sorte le banche ora consociate nel Gruppo.
E forse non è un caso se per fotografare la Valtellina sia stato scelto un fotografo romano, abbastanza lontano cioè da quella realtà, e che per la Sicilia sia stata chiamata una svizzera.
Gli esiti di tale scelta sono, di fatto, eccellenti.
Nei suoi scatti in bianco e nero, Marco Anelli tratta il paesaggio con la consueta sensibilità formale e tonale, per cui ogni cosa è ridotta a forme, luci ed ombre, ove la stessa sporadica presenza umana pare poco più di un elemento figurativo fra gli altri. Rimane, tuttavia, intatto ogni elemento semantico: la forza della roccia, la vertiginosa verticalità, la piccolezza dell’essere umano di fronte alla Natura e ciononostante il suo plasmarla e scolpirla. Sono queste le metafore poetiche che traspaiono dalle sue immagini ben composte.
Altrettanto trasfigurati, i luoghi fotografati da Stefania Beretta assumono un che di mitico e a tratti enigmatico, al di fuori dalle comuni coordinate spazio-temporali. Le sue stampe C print hanno i colori e i contrasti decisi dei luoghi dove il sole regna sovrano.
La ripetizione di semplici elementi, il moltiplicarsi talora delle immagini in forma di polittico, danno l’impressione di qualcosa che si ripete (o si è ripetuto) instancabilmente: lo smantellare, il costruire, lo sviluppo in architetture talora labirintiche. Il risultato è la rappresentazione d’un lavorio, però compiuto, che potrebbe risalire anche a un remoto passato: è questo, infatti, un mestiere antico millenni.
Entrambi i fotografi – ognuno a proprio modo – si sono tenuti distanti da un pedissequo racconto oleografico, trasmettendoci piuttosto il senso di una meditazione che coglie aspetti universali oltre che locali e contingenti.
La mostra comprende circa un centinaio di foto di grande e medio formato, ed è già stata esposta a Sondrio, in una duplice sede (la Galleria Credito Valtellinese e del Museo Valtellinese di Storia e Arte).
L’ingresso è libero e la brochure con alcune tra le opere più significative è distribuita gratuitamente presso lo spazio espositivo.