Quello che pubblico nuovamente è il post “incriminato”, ed eliminato recentemente dal blog. Chi di questa storia non sappia nulla può capire di più leggendo questo.

L’idea che mi ero fatta, cioè che per qualche motivo il post fosse risultato sgradito a qualcuno, si era rivelata esatta dopo la sua rimozione. Come ho avuto modo di apprendere, l’amministrazione del palazzo, la proprietaria dell’Hotel (citato solo per il fatto di essere un tipo di luogo espositivo al quale non siamo abituati) e, in un primo momento, la stessa curatrice della mostra, spinta da queste persone, se n’erano – pare – adontati, poiché ritenevano “la descrizione dell’ingresso di un palazzo antico nel cuore di Roma che resta ed è un palazzo prestigioso dove peraltro abitò la principessa Barberini e lo scrittore Massimo Bontempelli, vincitore del Premio strega del 1953… ‘forzata’ e fuoriluogo”.

Ovviamente, la mia intenzione non era quella di denigrare il palazzo d’epoca, che ha ospitato illustri personaggi fra i quali proprio lo scrittore e teorico del “Realismo Magico”, poiché le sue qualità e peculiarità sono sotto gli occhi di chiunque si trovi a passarci davanti, e la sua vetustà non lo rende certo luogo ambiguo.
Mia intenzione era piuttosto stimolare la curiosità dei lettori attraverso delle suggestioni contrastanti, che io come altri avevamo notato: solita galleria e insolito luogo espositivo; centro e periferia; nuovo e antico… Voleva essere un invito a godere di queste suggestioni, che io avevo espresso a titolo di opinione personale in un blog. Questo vorrei ribadire a chi mi abbia abbia frainteso.

Per il resto, ringrazio le persone che mi hanno incoraggiato a inserire nuovamente il post.
Fra loro la curatrice della mostra, che si è evidentemente ricreduta dopo averlo letto e mi ha scritto: “personalmente ho trovato il suo articolo moto interessante, ben scritto e incoraggiante, mi piacerebbe poterlo rivedere on line”; ma anche gli amici che hanno sottolineato: “hai solamente espresso ciò che pensavi sull’ingresso di un palazzo, con un linguaggio addirittura poetico. Forse in questo paese non ci si può esprimere sull’ingresso di un palazzo?”; o che hanno voluto gratificarmi così: “avevo letto quel post e non mi sembrava né strano, né aggressivo, ma al contrario, sincero e scritto benissimo come sai fare tu”.

Allo stesso modo ringrazio quanti hanno voluto dissipare ogni mia remora o dubbio, perché – infine – ciò che mi è apparso chiaro è che se la pubblicazione del mio post non danneggiava nessuno, la sua non-pubblicazione, invece, forse danneggiava il fotografo. E siccome qui si vorrebbe promuovere la fotografia, ecco la mia recensione del lavoro di questo artista.

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Luigi ForeseAncora una mostra del festival FotoGrafia, sponsorizzata dal Comune di Roma, e ubicata in un luogo sorprendente: l’entrata-corridoio di un hotel a due stelle, sito al terzo piano di un vecchio palazzo all’inizio di via Cavour, proprio vicino al Colosseo.

Il luogo è ben segnalato, all’entrata dello stabile c’è una locandina cartonata della mostra, ma si stenta a credere che sia proprio lì; la portineria sembra uscita da un film d’altri tempi, l’ascensore – incastonato in un andito dal quale si diparte per perdersi nell’oscurità la scala – è anch’esso particolare con il suo finto pavimento di graniglia lucidata marrone, e le pareti laterali rivestite di altrettanto finto rovere. Il suo specchio sta lì a restituire i volti increduli e un po’ sospettosi di coloro che si recano alla mostra in quest’albergo. Non si può dire che non introduca bene l’atmosfera della periferia. La mostra, comunque, s’intitola più genericamente “Sguardo sulla città”.

L’autore è un giovane fotografo abruzzese, che è già stato segnalato, e sul sito della scorsa edizione del festival e in alcune pubblicazioni specializzate, per la sua indagine sul paesaggio urbano.

La sua formazione artistica, i suoi studi di Scenografia all’Accademia di Belle Arti, come alcune esperienze sul campo in teatro, hanno il loro indubbio peso sul suo “sguardo”. Si chiama Luigi Forese ed ha scelto come suo set fotografico la periferia EST di Roma, rileggendola con un occhio educato alla contemporaneità.

Colori forti, saturi; ombre profonde, luci contrastate; immagini piatte spesso a campitura uniforme disegnano ed interpretano luoghi anonimi, suburbani, che potrebbero essere ovunque, a New York, a Città del Messico, chissà. Quello che Forese sembra rappresentare è appunto la categoria mentale della “periferia”, pressoché deserta, costellata dagli immensi personaggi dei manifesti pubblicitari, fra palazzoni colorati e improvvisi sprazzi di cielo azzurro smalto.

I suoi pannelli risultano, al di là del soggetto o forse proprio a causa di quello, estremamente decorativi; e, infine, ci stupisce di meno la scelta del luogo espositivo, usciti dal quale, ci troviamo per fortuna in pieno centro e tiriamo un sospiro di sollievo confrontandoci con l‘aspetto più turistico dell‘Urbe.

Lo “sguardo sulla città” di Forese è, infatti, acuto nel cogliere dettagli che normalmente passano inosservati, e la sua lettura artistica di questa particolare Roma è senz’altro interessante, ma anche metafisicamente inquietante. Cosicché possiamo anche esser contenti, recandoci in quei luoghi, di trovare una realtà ben più varia e vivace, quantunque complessivamente poco fotogenica.