Un confronto dicotomico fra arte e fotografia è nato praticamente insieme all’invenzione di quest’ultima, e dopo più d’un secolo di dispute pare ormai risolto in una sorta di tregua che riconosce lo statuto di arte solo ad un certo tipo di fotografia: quella che si è alleata all’arte contemporanea, assottigliando i suoi legami e con l’immagine reale del soggetto fotografato e con la tecnica fotografica. Accade così che si guardi con sospetto a tutto ciò che può apparirci troppo “naturale” in un’immagine fotografica, e ci si senta più inclini a plaudire ciò che un tempo si sarebbe definito “artefatto”.

La questione è piuttosto complicata, e non voglio certo affermare che una buona fotografia debba essere realistica, o che quanto si distacchi dalla realtà sia un trucchetto per irretire gli sprovveduti.

Semplicemente dipende dai casi.

In ogni caso, però, la dicotomia arte-fotografia dovrebbe essere superata non tanto considerando l’esistenza di due tipi di fotografia, una artistica, l’altra ingenua fotocopia del mondo, quanto rendendosi finalmente conto che la fotografia sta all’arte come la pittura o la scultura stanno all’arte. Ovvero è semplicemente una tecnica, che può essere usata o no “ad arte”.

La genialità consiste allora nel creare attraverso le tecniche a disposizione un’interpretazione della realtà, che in quanto personale non dovrebbe essere stereotipa. In pittura c’è ancora spazio per il genere figurativo, che anzi ha vissuto e vive un certo revival, l’astrazione e la concettualità coesistono tranquillamente.

Tutta questa premessa l’ho fatta per parlarvi di una bella mostra di Lorenzo Scaramella, attualmente in corso presso “The British School at Rome – Archive” di Roma.

La mostra è davvero interessante, perché riscopre una fotografia pura e originaria, scrittura della luce e processo alchemico di trasmutazione dalla materia pesante (come il piombo) di sculture antiche, alla levità spirituale dell’idea impressa su un foglio di carta (d’oro talora, per un viraggio), purificato dall’astrazione mentale.

S’intitola “La luce dell’ombra” ed è il frutto della lunga ed interessante ricerca. Lorenzo Scaramella è uno studioso di tecniche fotografiche, oltre che bravo fotografo ed eccellente stampatore.

 Ha il pregio di metterci davanti al fatto concreto che in questa “scrittura della luce” la perizia tecnica e l’uso di tecniche diverse, sono importante fattore espressivo. Veicolare un certo tipo di messaggio dipende anche, soprattutto, dal codice linguistico scelto. In questa varietà, c’è un arricchimento del linguaggio. E’ comunque un lavoro che può essere letto e goduto a vari livelli: il bello formale non meno che la riflessione su una tecnica, quella fotografica che incontra la magia dell’alchimia, nell’emersione della luce dall’ombra.

In fondo la scelta del soggetto fotografato potrebbe essere considerata irrilevante: sul foglio di stampa non vediamo che il formarsi di pattern visivi: linee, geometrie, luci ed ombre. Della realtà, della natura, rimane in ogni caso ben poco.

                                                  particolare del monumento a Urbano VIII

                                                                 

copyright foto: Lorenzo Scaramella

sul lavoro di Scaramella vedi:

La fotografia come linguaggio…

Laboratorio di Immagini