Il titolo di questo imprevisto post lo rubo a Michele Smargiassi, che attraverso il suo ricordo, mi dà modo di ripensare, in una maniera puntuale, al valore di una sopravvivenza, oltre al senso di perdita che umanamente mi assale alla notizia della morte di Ando Gilardi.
Un senso di perdita all’apparenza incomprensibile, non avendo con questa persona legami diretti ma solo quelli che un socialnetwork può determinare. E’ vero, la quotidiana condivisione di commenti e quant’altro si può trovare su una bacheca di facebook, a volte, può instillare dentro di noi quella sorta di senso di familiarità per il quale sembra proprio di conoscere gli altri di persona e non virtualmente; al punto di percepirli come una “presenza viva”, parte del nostro vissuto quotidiano.
Tuttavia il senso di mancanza che ci colpisce a questa notizia – credo – contenga in sé valenze melancoliche e già nostalgiche verso un messaggio di cui quest’uomo era sicuramente un raro portatore al giorno d’oggi. Un messaggio che parla di libertà di pensiero, proprio in un periodo in cui la stessa è fortemente minacciata, molto più che da censure, dalla diffusione massiccia e ridondante di stereotipi; offuscata dalla veemenza retorica di coloro che – nella cultura come nella politica – proprio nell’istante in cui si dichiarano democratici e libertari, tentano d’imporci una visione unica e definitiva delle cose.
Diversamente da costoro – come Smargiassi opportunamente ci ricorda – Ando Gilardi è stato oltre che fotografo, “storico eretico di tutte le fotografie mai ritenute degne di storia, cultore e archivista dell’immagine umile, moltiplicata e anonima, fondatore e sfondatore di riviste memorabili e irriverenti”, e ancora “critico guastafeste, autentico Franti dell’immagine, allegro distruttore di miti”. Ma soprattutto “grande antidoto al luogocomunismo dell’immagine”.
A Michele Smargiassi, dunque, cedo volentieri il compito di presentare a chi non lo conoscesse questo Maestro (nel senso più alto) che ci ha lasciato… ricordAndo e ripensAndo.
In un post di Fulvio Bortolozzo, invece, troverete – oltre alla volontà dell’autore, da me condivisa, di salutare e ringraziare Ando per il suo lascito intellettuale – un importante “monito” ai fotografi, le cui sentite parole – ripubblicate da Gilardi sulla propria bacheca di facebook in occasione del suo novantesimo ed ultimo compleanno, risalgono addirittura a un bollettino diffuso dal suo gruppo Foto/gram al Sicof del lontano 1979, rimanendo tuttavia di un’atroce attualità.
Per quanto mi riguarda, mi limiterò ad esprimere la mia riconoscenza per i dubbi che Ando Gilardi ha, in ogni modo, seminato nelle nostre menti, troppo spesso pigramente condiscendenti, offrendoci stimoli per imparare soprattutto a pensare autonomamente, fuori da quegli schemi precostituiti che servono solo ad ipotecare la nostra libertà. E a sperare che questo suo legato intellettuale possa trovare degni eredi fra quanti si occupano di fotografia.
p.s.
Lo avevo dimenticato: nel dicembre del 2007 avevo avuto modo di partecipare a una discussione in un gruppo di Flickr riguardo a un noto libro di Gilardi, “Meglio ladro che fotografo”. Forse a qualcuno può interessare, quindi ve la linko qui sotto: http://www.flickr.com/groups/biancoenero/discuss/72157603439117815/