
Quello che oggi vorrei sottoporre alla vostra attenzione e riflessione è una “nota” apparsa ieri su Facebook, socialnetwork sul quale – come i più sapranno – gli iscritti possono pubblicare loro testi su qualsivoglia argomento ritengano degno di discussione.
La nota in questione è stata scritta e pubblicata da una nota fotografa, Patrizia Savarese, la cui carriera – lunga e significativa tanto da valerle ben due premi alla carriera – rende una testimone molto più che attendibile riguardo all’evoluzione di un certo tipo d’immagine che nel tempo si è trasformata sempre più da basso espediente d’attrazione commerciale a veicolo di diffusione di quella forma di “pensiero” volgare e retrivo, che al giorno d’oggi vede la donna come oggetto sessuale, e la sessualità come merce.
Questa nota è al tempo stesso un “je accuse” e un appello: senza tanti giri di parole Savarese spiega e propone il punto di vista di un’operatore del settore che, in quanto donna ed esperta conoscitrice del linguaggio della fotografia commerciale, così come del mercato fotografico-editoriale, non può fare a meno d’indignarsi. Leggendola mi son ritrovata in completo accordo e mi son detta che non avrei potuto trovare argomentazioni migliori delle sue.
Per questo la propongo qui in forma integrale, augurandomi che non venga frainteso quello che è solo un desiderio di “pulizia”, e la rivendicazione per la donna di un ruolo più complesso e soddisfacente che quello di un manichino.
Buona lettura!
Glamour (spesso abbreviato in Glam) è un termine inglese assimilabile all’italiano “fascino”, in particolare con riferimento a eleganza, sensualità, seduzione. Nello specifico si può riferire a:
- la fotografia glamour è un genere fotografico usato in pubblicità e in pornografia
Già… una stessa descrizione per due generi diversi.
Un concetto che non ho approfondito all’inizio della mia carriera di fotografa, 30 anni fa.
Facevo delle foto “Glamour”, e basta. Eravamo appena usciti da ondate di femminismo e di rivoluzione sessuale… e la liberazione dai tabù era una parola d’ordine.
Inconsapevolmente e quasi casualmente ho iniziato a fare foto di nudo.
Nei primi anni da fotografa quasi tutto ciò che facevo aveva il sapore della trasgressione, come l’essere unica donna fotografa sotto ai palchi dei concerti rock, o come essere una delle prime a occuparmi di nudo e di nudo maschile. Motivo per il quale m’intervistarono in tv, prima serata Rai 2, anni ‘80.
Ecco, dopo di ciò ho davvero iniziato a capire che la maggior parte della gente non aveva affatto “assorbito” l’idea di liberazione sessuale come la intendevamo noi ragazzi degli anni’70… Ero stata travolta da lettere maliziose, telefonate anonime…. Il 7 del Corriere (rivista allegata al Corriere della Sera) pubblicò una mia foto scattata in tour con gli Spandau Ballet… una foto innocente, secondo me, scattata dal loro manager in una stanza di un albergo a Madrid, su un lettone barocco,(così tanto per ridere…)… Eppure, maliziarono che facessi le orge… e le fantasie malate di alcuni partirono in tutte le direzioni. Segnali di mentalità repressa.
Per anni, il fatto che mi occupassi di foto di nudo incuriosiva maliziosamente gli uomini e di conseguenza infastidiva me. Non mi piaceva esporre né me né le mie modelle a questo genere di malizia.
Eppure, l’Espresso (giornale di sinistra!) mi chiamava per produrre foto che illustrassero temi di sessualità e dove, non si sa perché, servivano immagini di nudo… sia che si trattasse di pillola, di violenza alle donne, di aborto, di maternità, di Aids, di coppia, comunque occorreva il nudo, anche in copertina … faceva vendere di più!
Spesso mi sono rifiutata di fare certe foto o le ho fatte cercando di evitare volgarità e malizia, eppure, nonostante ciò, oggi provo un vago senso di colpa.
Poi, negli anni, ’90-2000, c’è stato un crescendo… e le Tv di Berlusconi hanno sommerso l’Italia con il peggio del peggio. Tutti si sono presto adeguati.
Vedi il documentario “il corpo delle donne”:
http://www.youtube.com/watch?v=EBcLjf4tD4E
Dov’eravamo finite, noi donne scese in piazza negli anni ‘70 per la nostra emancipazione??
Io stessa, oggi, ammetto, quindi, di essere incappata, senza rendermene conto, nei meccanismi di questo “Glamour” dalla doppia faccia.
Tutti i soggetti fotografati (attori, attrici, modelle/i) dovevano mostrarsi accattivanti, sexy ad ogni costo.
Posso solo dire a mia discolpa, di non aver mai utilizzato la volgarità, di non aver mai utilizzato le modelle come manichini passivi o come donne oggetto, nonostante le richieste pressanti dei giornali.
Il Glamour come lo intendevo io, come tutt’ora lo intendo, è erotismo raffinato e sensualità, non questo schifo che si vede ovunque.
Il trasgressivo Helmut Newton era più elegante e meno “forte” di un’immagine che oggi pubblicizza qualche saponetta o detersivo per la casa, o di tante immagini “Fashion” dove le donne si alternano tra guerriere sadomaso e vittime violentate da gruppi di boys.
Immagini prive di cultura e di raffinatezza, dove l’unico obiettivo è quello di scioccare… per vendere. La parola “trasgressione” oggi, mi fa vomitare, strausata, abusata, non ha nulla a che vedere con la trasgressione rivoluzionaria e sovvertitrice della morale borghese. E’ solo decadenza, sintomo di una triste repressione sessuale.
Ho smesso di fare workshop nei festival di fotografia perche mi si chiedeva di farli solo sul nudo, il resto non attirava iscritti…
Siamo una Repubblica di piazzisti e di guardoni.
Abbiamo trasceso, la strada verso la liberazione è diventata uno scivolo verso il degrado.
Ci meravigliamo di Berlusconi? E’ il sogno di gran parte degli italiani la sua vita privata, purtroppo, ed il fatto che lui sia il Premier giustifica e assolve i peccati di tutti!
Non poteva esserci cosa più grave di un cattivo esempio al potere.
Il berlusconismo si è radicato su un terreno fertile e di questo dobbiamo essere davvero consapevoli.
Ed io accuso ora, anche certi settimanali di sinistra degli anni’80 che per vendere, mi chiedevano di fotografare belle ragazze seminude per le loro copertine. Dovevamo capire allora che se gli italiani sbavavano sulle pagine dei settimanali politici, comprandoli di più se in copertina c’era il nudo… beh, la nostra cosiddetta rivoluzione sessuale, forse, era stata fraintesa.
Di questo avremmo dovuto occuparci, e lungi da me dall’essere moralista… anzi, vorrei una maggiore libertà di pensiero.
Appunto, che tristezza invece, oggi, non c’è emancipazione, c’è solo mercificazione, con deboli e vinti, comprati da padroni e sfruttatori.
Per risalire da questo fango, per fare pulizia… dobbiamo essere rigorosi, coerenti.
Opporre onestà, eleganza, educazione, e vera liberazione mentale… contro lo scempio di ogni intelligenza che passa ogni giorno in Tv e sui giornali, ed anche qui in rete.
Mi appello ai colleghi fotografi perché la smettano di utilizzare modelle e modelli come vittime sacrificali ed oggetti di piacere per vecchi bavosi.
Le foto di nudo e il Glamour … sono altra cosa.
( nota pubblicata da Patrizia Savarese su Facebook)
anche io sono stata fotografa per tanti anni. Dal 69 ai primi anni 90. Ho fotografato coppie per il vecchio caro mensile Due +, che cercava di raccontare amore e sessualità con rispetto e semplicità. Ho lavorato per Insieme, e ho avuto la fortuna di fotografare la nascita di un bambino (il mio collega maschio, mandato a realizzare lo stesso servizio, per “sicurezza”), non aveva retto allo spettacolo ed era svenuto. Quindi fu la mia immagine a diventare copertina. Ho realizzato molti servizi di nudo, con coppie che io sempre sceglievo autentiche e innamorate. Litigando con i committenti per questo. Consideravo il corpo nudo una grazia di dio. Ma lo rispettavo. La moda non mi piaceva, perché le modelle, anche se vestite, finivano per sembrarmi oggetti morti, non persone. Ho fatto molta pubblicità. Ho vissuto e guadagnato per anni. Ma all’inizio degli anni ’90 ho sentito che per me come fotografa non c’era più posto. Ho cambiato mestiere, sono diventata giornalista.
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Grazie per questa preziosa testimonianza, che dà ulteriore senso alle parole di Patrizia Savarese focalizzando la nostra attenzione sul lavoro delle donne in fotografia… la loro responsabilità, la loro possibilità di proporre modelli alternativi e come negli anni si è scontrata con la realtà di un’editoria (di un mondo?) “a misura d’uomo”.
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Scusi se mi permetto, ma il senso di colpa della signora Savarese non lo capisco.
Fotografava nudi femminili e maschili erotici durante la sex revolution e pure dopo? Faceva benissimo.
Stava ai concerti degli Spandau Ballet? Beata lei che ha conosciuto Tony Hadley!
Pure se avesse fatto davvero le orge di cui la sospettavano non ci vedrei nulla di male tra maggiorenni consenzienti.
Signora Savarese, si rilassi, lei non ha alcuna colpa se il suo messaggio è stato frainteso: la liberazione sessuale c’è stata pure in America ma là il porno-soft è rimasto dove stava: nella fiction, nelle riviste e nei locali per adulti e non in tv alle otto di sera, e Hugh Hefner (giustamente) non si sente minimamente in colpa.
E altrettanto giustamente non si sente in colpa Tinto Brass che è un autore cinematografico che onestamente fa il suo cinema e tra l’altro le attrici (perchè di attrici si tratta) dei suoi film non hanno niente in comune con veline o ltterine o le “donne decorative” di cui parla il documentario di Zanardo.
chi dovrebbe sentirsi in colpa è chi vota un puttaniere che va con le minorenni, è Antonio Ricci che mette il porno-soft in uno show per famiglie che va in onda alle otto di sera..tra l’altro Ricci rifiuta caparbiamente di assumersi le sue responsabilità, a differenza di Brass e di Hefner che non hanno mai negato di fare ciò che fanno e si sono sempre assunti la responsabilità dello scandalo che consapevolmente suscitavano.
Lo dice lei stessa: le mie foto erano un’altra cosa quindi non c’è motivo di sentirsi in colpa.
Mi colpisce poi questa frase di giovanna nuvoletti: “La moda non mi piaceva, perché le modelle, anche se vestite, finivano per sembrarmi oggetti morti, non persone.”: manichini che si muovono è proprio ciò che nella moda i modelli e le modelle devono sembrare: ciò che deve risaltare è il vestito non il corpo o la persona. Se gli stilisti potessero far sfilare dei robot probabilmente lo farebbero…forse è per questo che nemmeno io amo molto il mondo della moda.
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Più che un senso di colpa per le foto da lei scattate o per il tipo di vita da lei condotta in altri periodi storici e in altri contesti sociali(a ben leggere non v’è traccia di un simile sentimento in questo “appello”!, a me pare che Patrizia Savarese lamenti una sua, come un’altrui, scarsa lungimiranza verso quello che una certa leggerezza nella gestione delle immagini da parte dei media avrebbe col passare del tempo determinato. Una leggerezza da parte di alcuni dettata probabilmente dalla fiducia che la società fosse più matura verso certi temi, in virtù di una presunta emancipazione da tabù e piccinerie varie, da parte di altri più banalmente motivata da più facili profitti commerciali.
Diverso è stato allora l’atteggiamento di Giovanna Nuvoletti. Tutto qui.
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A me sembra che la riflessione di Patrizia Savarese voglia sottolineare la distinzione tra una fotografia colma di significati anti-perbenisti, rivoluzionari, libertari e la fotografia morbosa da pervertiti che oggi si vede non solo nelle foto di nudo ma anche in tante immagini compreso i 3d e i vidiogames. E la domanda fondamentale che ne si evince: ma è questa la società che ci immaginavamo come la società del futuro? Conoscendo Patrizia da tanti anni e la sua onestà intellettuale non percepisco alcun senso di colpa o falso moralismo ma una sincera riflessione costruttiva.
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