Alexander Calder. Blue Feather, c. 1948 - © Calder Foundation

Per molti le vacanze di Natale potrebbero essere l’attesa occasione per recarsi a quelle mostre d’arte, che durante l’anno non hanno tempo di visitare. Ve ne suggerirò una magnifica, che è aperta già da qualche tempo al Palazzo delle Esposizioni di Roma, e coniuga pittura, scultura e fotografia: si tratta, infatti, della grande retrospettiva dedicata ad Alexander Calder; la prima nella Capitale a celebrare, nella maniera più completa, la variegata opera dell’artista statunitense, principalmente noto per i suoi mobile e stabile. La mostra è stata curata da Alexander S.C. Rower, presidente della Fondazione Calder di New York e nipote di Calder.

Ugo Mulas. Alexander Calder, Saché, 1963 - ©Eredi Ugo Mulas

Divisa in sette sezioni, ripercorre puntualmente il cammino e l’evoluzione di questo artista, che ha rivoluzionato la concezione dell’arte, a partire addirittura dai suoi primissimi lavori in lamiera, opere di un undicenne Calder nel quale si intuisce già il preponderante interesse per un’arte che sia viva e mobile, partecipe del mondo reale.

“Perché l’arte deve essere statica? Se osservi un’opera astratta, che sia una scultura o un quadro, vedi un’intrigante composizione di piani, sfere e nuclei che non hanno senso. Sarebbe perfetto, ma è pur sempre arte statica. Il passo successivo nella scultura è il movimento”, affermerà difatti nel 1932 esordendo con i suoi mobile.

La mostra, così, si dipana nei locali del Palazzo delle Esposizioni in un percorso tanto vario quanto interessante: dalle prime wire sculpture, opere ancora iconiche in fil di ferro, e dai primi dipinti (ancora palesemente legati ad una pittura più tradizionale) al rivoluzionario Small Sphere and Heavy Sphere del 1932-33, primo mobile ideato per essere sospeso al soffitto; di sala in sala si procede verso opere dove la poetica di Calder risulta sempre più compiuta in una progressiva frammentazione ed articolazione di forme e colori e trasparenze, che penetrano lo spazio in un tripudio dell’immaginazione e inducono il visitatore allo stupore; non mancano nemmeno le insolite opere di gioielleria.

Ugo Mulas. Alexander Calder, Saché 1963 - ©Eredi Ugo Mulas

La location e l’allestimento sono quanto mai propizi a questa mostra e per l’ampiezza e l’altezza dei locali (essendoci anche opere di formato particolarmente grande), e per la ben studiata illuminazione.

Al piano di sopra, oltre a una interessante sezione dedicata a filmati d’epoca, possiamo ammirare – come una mostra nella mostra – un gran numero di stampe in bianco e nero di Ugo Mulas, le quali raccontano da una parte “l’affinità genetica tra le opere e l’artista che le faceva” (come ebbe a dire Giulio Carlo Argan), dall’altra il lavoro e il quotidiano di Calder e famiglia nelle sue case di Roxbury e Saché (negli USA e in Francia), ma pure evidenziano la profonda amicizia che legò Mulas all’artista americano.

La mostra sarà aperta fino al 14 febbraio.

A partire dal 13 gennaio avranno luogo “I mercoledì di Calder“, una serie di incontri che si terranno ogni mercoledì alle ore 18.30 presso il Palazzo delle Esposizioni, nei quali alcuni docenti, curatori e storici dell’arte saranno chiamati a discutere diversi aspetti dell’opera di Calder. L’incontro conclusivo (del 10 febbraio) sarà dedicato proprio al vasto corpus di immagini scattate da Ugo Mulas e alla nascita del libro, pubblicato nel 1971, che le conteneva.

Per leggere il programma di questi incontri, cliccate qui.

Ugo Mulas. Alexander Calder con Snow Flurry, Saché 1963 - ©Eredi Ugo Mulas