bildalain3.jpgS’inaugura oggi alle 19 presso s.t. foto libreria galleria” di Via degli Ombrellari 25, a Roma, la prima mostra in Italia del parigino Alain Faure dal titolo “Fotografie a colori”.

Sono queste, immagini scattate fra il 1984 e il 1985 nella banlieu di Parigi; pensate dall’autore come “testimonianza dell’incontro e frequentazione della fabbrica Moyse: lavoro su una fabbrica desaffectè“, cioè “in disuso”; sin dagli anni Sessanta.

Ma la parola “desaffectè”, in francese può intendersi anche come “privo di affezione”, in un gioco di parole che il fotografo sceglie per sottolineare il suo approccio critico verso quel che è divenuta questa ex fabbrica di locomotori ferroviari.

Attento ai cambiamenti del territorio (soprattutto delle periferie) Faure documenta in questo caso un ambiente dove muffa e casualità hanno preso il sopravvento; “dove il vuoto, l’abbandono, il senso dell’assenza sono così forti da trasformarsi in presenza”. Una simile documentazione finisce col superare il dato sensibile, la contingenza fisica, acquistando la sua forza espressiva attraverso il colore.

Faure giunge alla fotografia dopo un percorso di militanza politica e intellettuale, che lo ha portato a meditare sui meccanismi del lavoro all’interno del capitalismo (già alla metà degli anni ’70 aveva pubblicato con Jacques Rancière una raccolta di scritti su “la parola ouvrière“) e sulle “trasformazioni del territorio sotto la pressione di massicci investimenti economici”. La sua attenzione verso il restituire allo scarto industriale, al manufatto deteriorato, una forma di dignità estetica attraverso l’interpretazione fotografica, è in certo modo carica di quella tensione militante.

E’ una forma di recupero, un riciclaggio attraverso l’attribuzione di una nuova funzione: quella artistica.

Il titolo di quel reportage era “Les Reinsegneiments de la couleur” ovvero “le informazioni del colore”: informazioni che parlano ormai d’altro, troncando ogni referenzialità col soggetto ripreso dal fotografo, il quale così – attraverso le forme scelte e i colori accesi (grazie all’uso di un particolare supporto e d’una tecnica ad hoc) – “riattiva” questi dettagli della quotidianità ritenuti ormai dismessi.