In attesa del consueto Photoshow, la nota manifestazione fieristica dedicata alla fotografia e all’immagine digitale, che si terrà a Fieramilanocity dal 30 marzo al 2 aprile 2007, a Milano si è già aperto il Photofestival, un percorso cittadino di mostre fotografiche d’autore giunto quest’anno alla sua terza edizione. In programma 60 mostre, a coprire le espressioni più disparate della fotografia.
Fra le tante, abbiamo scelto di citare quella di Fausto Donnini, “Arte in bianconero”, che da ieri si può visitare al secondo piano della Libreria HOEPLI.
Presentata in maniera davvero accattivante da Roberto Mutti, il quale sottolinea (vedi scheda della mostra su exibart) l’evidente amore dell’autore per il bianconero e il paesaggio, potrebbe sembrare ai più vagamente anacronistica in un’epoca in cui si spinge l’acceleratore dell’innovazione digitale.
Si tratta, invece, di una mostra molto interessante, se non altro perché permette ad un pubblico ormai poco avvezzo, di godere di immagini non soltanto curate compositivamente, ma anche – potremmo dire rubando il termine alla scultura – “finite”, cioè portate a compimento, e “ad arte”.
Giustamente Mutti fa riferimento qui ad Ansel Adams, del cui “sistema zonale” Donnini, che è ottimo stampatore, si serve con perizia.
La mostra, a partire dal titolo, svela la sua intenzione. Le immagini sono eterogenee quanto a genere: vanno dai paesaggi, nei quali questo fotografo è un maestro (Cfr. “Terre d’Orizzonte“), ai dettagli architettonici, dalle scene urbane alle geometrie colte in texture naturali di ambientazione agricola, fino ad una sorta di still life (più che altro object trouvé!) che evoca richiami visivi fra il dada e il metafisico.
Vero, e dichiarato, filo conduttore il bianconero, nei suoi risvolti tecnici ed espressivi, per i quali tecnica ed arte finiscono col confondersi.
Quella del bianco e nero, è per Donnini “scelta empatica”, legata ad una cultura visiva che, però, non gli fa rigettare le possibilità offerte dalla tecnica digitale.
Semplicemente sceglie qui di non avvalersene e di ricordarci la varietà espressiva del bianconero, la vastità tonale che le fotografia in bianco e nero raggiunge quando è sapientemente gestita, e la vividezza di sensazioni che può evocare pur nella sua monocromia, dove il senso di matericità si compenetra alla graficità.
E mi sovviene la scuola pittorica toscana, che nel Rinascimento aveva conttrapposto la forza del “disegno” alla suggestione del “colore” di scuola veneta.