E’ davvero scontro? Esiste davvero una frattura fra le due tecniche e i rispettivi linguaggi? Soprattutto si tratta davvero di due linguaggi distinti?
Sono queste ed altre ancora le questioni che oggi accendono il dibattito critico- teorico. Ci si chiede, in sostanza, quale sia l’impatto di questa innovazione tecnologica a livello comunicativo, ma soprattutto a livello creativo.
Il discorso è in qualche modo attinente a quello sviluppatosi diversi decenni fa riguardo alla dilagante diffusione della comunicazione di massa. La fotografia digitale oggi dilaga eccome, persino sui telefonini, operando una sorta di “democratizzazione” del mezzo fotografico prima appannaggio di fotografi, più o meno professionisti o dilettanti, ma che già per il semplice atto dell’acquisto di una macchina fotografica avevano “scelto” la fotografia, e non se l’erano ritrovata come un’opzione aggiunta per comunicare in maniera immediata (e non mediata da alcun discorso estetico).
Con ciò cambia il modo di comunicare, cambia il ruolo del fotografo, e cambierebbe – se si considera la natura del digitale – l’attendibilità della fotografia come documento, ma curiosamente si aprirebbero nuovi scenari nel suo utilizzo artistico.
Il richiamo agli studi sui mass media di allora, ci viene ancor più spontaneo ricordando il titolo di un libro di Umberto Eco: “Apocalittici e integrati”, felice definizione degli opposti fronti che si erano allora venuti a creare all’interno del dibattito sui mezzi di comunicazione. Definizione che oggi pare attagliarsi perfettamente agli opposti contendenti sul tema del passaggio dall’analogico al digitale in fotografia, che da una parte pensano sia in atto “la fine della fotografia (come la conosciamo)”, dall’altra pensano che stiamo assistendo all’ennesima innovazione tecnica che a nulla di nuovo porta, se non la possibilità di godere di una semplificazione e di una maggiore accessibilità al mezzo.
Un interessante incontro su questo tema, dal titolo “L’era digitale e la natura della fotografia” s’è tenuto ieri presso l’Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma.
Curato da Maurizio G. De Bonis, noto critico cinematografico e fotografico, nonché direttore di Cultframe, ha visto affrontarsi e confrontarsi dalle opposte posizioni, di cui si diceva, Giacomo Daniele Fragapane, docente di Storia della Fotografia presso L’Università Roma Tre e autore del libro “Punto di fuga. Il realismo fotografico e l’immagine digitale”, e Claudio Marra, docente di Storia della Fotografia presso il Dipartimento delle Arti Visive dell’Università di Bologna, autore del libro “L’immagine infedele. La falsa rivoluzione della fotografia digitale”.
I due, sapientemente mediati dal curatore, hanno ribadito le posizioni espresse nei loro libri, innescando un dibattito denso di spunti di riflessione cui hanno contribuito gli spettatori, portando i propri dubbi e la propria esperienza.
Partendo dai temi proposti dai due studiosi, quali l’accertabilità o meno dell’esistenza d’un referente reale nell’immagine digitale, o il realizzarsi finalmente di una fotografia-arte, in quanto nel digitale si ritroverebbe finalmente un codice linguistico – per inciso, sia detto che tale codice, prima ritenuto mancante o troppo sfuggente, per cui la fotografia “fotocopierebbe” la realtà e costituirebbe al più un “indice” mai un “segno”, sarebbe ora costituito dal codice “numerico” della digitalizzazione (sic) -; e partendo da presupposti quali l’idea che la nuova frontiera fotografica sia nelle possibilità offerte dall’elaborazione fotografica con Photoshop, o quali lo scetticismo sull’attuarsi di un’arte tanto “dematerializzata” nella piattezza evanescente del pixel da apparire priva d’emozioni; gli spettatori intervenuti al dibattito hanno dato soprattutto espressione ad un bisogno di risposte che c’è nel pubblico dei fotografi, e che non riguarda tanto l’acquisizione della nuova tecnica data ormai per scontata – se non altro perché il mercato dei materiali fotografici costringe a farlo – ma piuttosto riguarda la riconfigurazione del rapporto col soggetto fotografato, l’influenza concreta delle nuove caratteristiche del mezzo digitale sull’approccio al “progetto fotografico”, dall’inquadratura, alla selezione, all’editing; e riguarda ancor di più il nuovo (?) ruolo del fotografo.
Molto ci sarebbe da discutere ancora sull’argomento. La mia posizione a riguardo sta un po’ nel mezzo, ma preferisco per il momento rimanere “incerta”, aperta ad altre eventuali considerazioni.
Per questo, invito, chi voglia farlo, a dire la propria in questa sede.
Segnalo, inoltre, sempre presso la stessa scuola di fotografia, altri due incontri sulla fotografia, i cui particolari troverete seguendo questo link:
http://www.cultframe.com/26/33/5897/articolo_informazioni.asp
Penso che esista una frattura tra le due tecnologie, più o meno marcata a seconda di chi le usi e di come le usi, solito dilemma per gli essere umani…
Il digitale ha reso la fotografia un mezzo di comunicazione popolare grazie ai suoi costi irrisori e ai buoni risultati che si possono ottenere in pochissimo tempo (tutto allineato a quanto è scritto nel bel libro di A.Baricco “Le invasioni barbariche”). Se questa democratizzazione sia un merito dipende molto dalla concezione che ognuno di noi ha dell’arte, della passione, della fatica…
Ho cominciato a fare foto con piacere e interesse meno di due anni fa, solo perché per la mia tesi ho avuto in regalo una Canon compatta digitale. Prima di allora avevo manifestato più volte una certa meraviglia per la fotografia, ma i costi e le difficoltà del mondo analogico mi avevano sempre bloccato, quindi onore al digitale per questo. Oggi però ho accumulato un discreto numero di “esperimenti” e ho imparato ad armeggiare un po’ con Photoshop e software affini, rendendomi conto di quanto la realtà immortalata possa essere cambiata. Proprio da ciò nasce la mia convinzione che la bella fotografia è nell’occhio del buon fotografo, a prescindere dal mezzo utilizzato per farla. Le immagini contrastate come cieli marziani, popolate di esseri umani perennemente giovani e perfetti, con coreografie che sfidano le basi della fisica, non sono fotografia, è roba commerciale… (espressione sublime!).
La frattura quindi è solo tecnologica, il vero fotografo fa da ponte…
"Mi piace""Mi piace"
Nico, ti ringrazio molto per il tuo commento. E per esserti chiaramente schierato. E’ vero: dietro ogni fotografia – come dietro ogni immagine creata dall’essere umano – c’è l’occhio di chi l’ha scattata, la sua cultura visiva e non solo, la sua intenzione di additarci qualcosa, di comunicare, di ricordare. Questo nulla lo può cambiare ed un mezzo alla fin fine vale l’altro. Non la macchina, ma la persona fa la fotografia.
Nulla di essenziale si perde con il digitale. Ciò non vuol dire, però, che nulla cambi; e soprattutto che non si debba in qualche modo riconsiderare il nostro modo di fare fotografia.
Qualcuno paragona il passaggio dall’analogico al digitale al passaggio dalla fotografia in bianco e nero a quella a colori, ma tu sai bene che la fotografia in bianco e nero non è una fotografia a colori monocromatica. 😉
"Mi piace""Mi piace"
Cara Rosa
ho trovato l’incontro all’ISCI di Roma alquanto deludente.
Non ho nessuna voglia di fare polemica sugli studiosi che hanno scritto i rispettivi libri, ma credo che parlare di fotografia nel 2007 dovrebbe essere al di sopra del mezzo tecnico scelto per l’atto fotografico.
Ribadisco che sia importante smetterla di perdersi in futili chiacchiere e di iniziare a valutare la fotografia nella sua interezza.
Cito un fotografo statunitente che stimo molto, Raymond Meeks che nel suo “Process Statement” afferma: Preferisco usare tutto in fotografia. Dalla macchina fotografica di grande formato al digitale, alla pellicola da emulsionare alle carte alla gelatina ed alle pellicole d’argento convenzionali alle stampanti Epson… Un grande!www.raymondmeeks.net
"Mi piace""Mi piace"
Caro Luca,
non è in questione la libertà espressiva, per la quale più sono i mezzi a disposizione utilizzabili e meglio è.
In ogni caso, presto i materiali per fare quella analogica spariranno (e forse è meglio così, se pensiamo a quanto sono inquinanti).
E’ vero che le due “fotografie” in linea di massima si equivalgono quanto a potenzialità creative. Credo però che quelle del digitale siano ancora tutte da indagare, non mi fermerei alla superficie, e non mi pare che in molti usino i nuovi mezzi per creare qualcosa di originale e, per così dire, tipicamente da “fotografia digitale”, a parte quelli che si cimentano in effetti speciali improbabili.
Se si pensa a Joan Fontcuberta, però…
"Mi piace""Mi piace"
Premetto che scatto solo su 35mm.
Credo che il problema del analogico vs digitale è un finto problema. Sono sempre stato convinto che un Fotografo potesse scattare anche la sua foto con una macchina usa e getta. Perciò non ho motivi per pensare che non possa farlo anche con una macchina reflex digitale.
Asistiamo solo ad un capitolo in più della rivoluzione informatica. Ma voi trovate così tanti forum, convegni giornali che parlano se è meglio il disegno a china o fatto sul CAD di un architetto? Oppure se è meglio il romanzo di uno scrittore fatto su macchina da scrivere o con word?
Adesso vado al punto del mio post. Il dilemma non solo non esiste ma è pure l’opportunità per sedicenti fotografi da una parte e dall’altra per dire una serie infinita di cavolate. A volte leggo della roba scritta da dei poveri sfortunati che si mettono a contare il numero di pixel ecc ecc ecc. Sono solo dei poveretti. Con l’analogico c’erano un 15% di persone che contavano e un 75% di fotoamatori. Oggi il digitale permette a tutti di scattare a qualsiesi di scattare una bella foto e tornarsene felice a casa. Cosa c’e di male in questo? Nulla. Solo che le proporzioni passano forse al 5% fotografi al 95% fotoamatori. sono credibili queste cifre? Insomma oggi tutti intorno a me parlano delle loro reflex digitali ecc ecc ecc. Una volta solo due o tre persone della mia cerchia. Ma il fatto che uno che fino all’altro ieri non sapeva cosa fosse 35mm oggi si creda un grande fotografo non mi infastidisce. Contento lui contento io. Il fotografo è anche la sua produzione e la sua storia. Le sue foto che mi dicono. Fra 10 anni sarà ancora a scattare foto come un forsennato? E’ capace di rischaire la sua vita per uno scatto?
"Mi piace""Mi piace"
Ciao,
Ho scattato migliaia di foto digitali e da quanto vengono bene, da quanto è facile modificare, migliorare, risparmiare danaro e tempo, ho deciso che preferisco tornare alla pellicola!
non sò perchè, ma è così. E come andare in bicicletta invece di andare in moto. A me piace conquistarmi la mia strada anche faticando, lentamete, ma quando sono arrivato è un’altra sensazione. Non rinuncio alla moto ma quando voglio rilassarmi inforco la mia bici e vado.
"Mi piace""Mi piace"
Sono un accanito sostenitore dell’analogico. Non sopporto i fotografi improvisati che premono un pulsantino e lasciano fare il resto alla loro super-macchina digitale costata 700€. Quali senszioni può dare?
Io continuerò ad usare le pellicole in bianco e nero fino a quando saranno in produzione, e quando finiranno smetterò di fare foto e divorzierò da questo hobby.
"Mi piace""Mi piace"
New here, from Toronto, Canada
Just a quick hello from as I’m new to the board. I’ve seen some interesting posts so far.
To be honest I’m new to forums and computers in general 🙂
Mike
"Mi piace""Mi piace"
Buongiorno a tutti
Credo, da vecchio appassionato di fotografia, che il problema sia “altro” ovvero l’aspettativa e l’aspettativa tradita. La fotografia digitale permette di sapere subito il risultato; ottimo per i professionisti, ma un amatore ha veramente questa esigenza? Una famiglia in vacanza, si, certo. Uno studente che fa ricerche, un professionista, come dicevo prima, ancora di più. Ma un amatore ha bisogno dell’aspettativa, del “portare a casa” qualcosa che poi deve sviluppare e toccare. Lo scatto é solo il primo passo di un processo di tempi, speranze. A questo si può aggiungere la diversa resa dell’analogico… Adesso ci sono dei programmi che simulano la resa della Tri-X su Photoshop… ma volete mettere? Realtà immediata costruita per poter essere simulata: non é interessante. Utile senz’altro, ma coinvolgente no.
"Mi piace""Mi piace"
mmm vorrei proporre l’ analogia di un bravo pittore che ha occhio, e che , un bel giorno, si vede regalato un mac con tavoletta grafica.
Il nuovo attrezzo sarà complementare o sostituirà il pennello?
Inizierà a disegnare con tavoletta grafica e mouse? oppure userà il pc per fare delle prove su foto di paesaggi, per vedere se possono essere usate per un dipinto?
Personalmente credo che un pittore capace non abbandonerà mai il pennello che gli garantisce di poter giungere alla sfumatura di colore che cerca ma un dipinto resta un cazzo di dipinto. punto. L’ incapace invece verrà attratto come una mosca dal miele alla vista di come un software smanettato possa far giungere a risultati se non altro d’impatto (roba commerciale). tac! problema risolto?
"Mi piace""Mi piace"
piesse
Aggiungo che ho inalato quantità industriali di rodinal al punto da poter addebitare alla agfa tutti i malanni che mi vengono o verranno.
Aggiungo non si può paragonare un’ esperienza come quella volta che ho diluito troppo o troppo poco lo sviluppo ed ho scoperto . Si potevano fare “cose strane” anche con quei mezzi a patto di sapere cosa stessi facendo. Ripeto a patto di sapere cosa stessi facendo.
e la maschera di contrasto, si può fare anche in analogico people! basta studiare
http://www.latente.it/rodinal-magic-trick-lo-stand-developing/
e lungi da me l’ idea di fare il saccente, infatti appartengo alla categoria degli ignoranti.
"Mi piace""Mi piace"
Faccio FOTO dal 1974 ,ho usato tutti i formati , dalla prima woitglander a telemetro , le circa 12 reflex 135 mm ,che una ad una ho ridotto da buttare ,prima le manuali , poi l’autofocus…e già qui c’era un bel dibattito , poi il ttl, 3 o 4 rolley biottica , le hasselblad , compresa la wide, il banco ottico che ho montato su un dorso 120 facendo costruire l’attacco per l’ottica da un tornitore, una prima digitale “semiprofessionale” , poi la prima d100 , ora uso 3 reflex con 3 ottiche , per non togliere mai l’ottica, ho preso una compatta digitale con 10 mp, il telefono monta un zaiss da 5 mp , —-
L’ unica differenza è lo strumento ,che uso, ma anche quando sto scattando una foto con il telefono , visto che se la scatto e’ un’ immagine che mi interessa catturare,ci metto sempre un bel po ad impostare : la sensibilita’ che serve , il contrasto che voglio,la tonalità che preferisco,, l’ev correto +o- come piace a me, ed alla fine ho , dal 1974, fatto sempre le mie foto come voglio io.
E non serve usare nessun software se scatti per avere il risultato che vuoi.
O LA FOTO LA FA LA MACCHINA?
"Mi piace""Mi piace"
A distanza oramai di 5 anni dall’articolo in questione, riporto la mia personale esperienza ed il riassunto di mille dibattimenti avuti tra Digitale ed Analogico.
Io lavoro in pellicola medio formato. Perchè? Perchè mi piace, punto.
Non disdico il digitale e non penso sia male, l’unica cosa che rimarco negativamente è che la grandissima diffusione di tale metodo ha portato ad una perdita di posti di lavoro e ad una carenza qualitativa molto più elevata.
Carenza qualitativa non data dalla “scarsa” qualità dei sensori, intendiamoci, ma dalla mancanza delle opportune conoscenze di base della fotografia da parte di tantissimi che si sono avvicinati alla fotografia proprio grazie al digitale.
Quanti ad oggi sanno cosa è la temperatura di colore, alzino la mano.
Quanti sanno ancora a cosa serve un filtro polarizzatore, come funziona ed il perchè in certe condizioni sarebbe opportuno usarlo, non solo per i riflessi, idem.
Questo per citare due piccolissimi e banalissimi esempi.
Molti fotografi Digitali mi dicono “ma tanto di porcherie se ne facevano tantissime anche in camera oscura”. Su questo non sono propriamente d’accordo.
Vero che chi aveva a disposizione una camera oscura, spesso ci giocava e “rielaborava” le foto in qualche modo. Ma era appannaggio di pochi i quali, comunque, avevano una certa e definita preparazione.
Per la maggior parte, le foto scattate in pellicola, erano/sono così come venivano/vengono.
Al contrario, con il digitale e la grandissima diffusione di vari software di fotoritocco, il “rielaborare” le fotografie scattate è diventata una pratica molto diffusa e comune.
Sono ormai molto pochi, i professionisti o fotoamatori della fotografia, che prima di scattare “pensano” la fotografia, la studiano e dopo scattano.
Alcuni mi dicono “ma almeno così si realizzano cose molto più belle”….
Anche su questo non sono d’accordo. La bellezza può essere molto soggettiva. Se vedo un ritratto di cui la pelle della trama non esiste più, gli occhi hanno colori molto “fantasiosi”, i capelli hanno riflessi dai toni fanatscientifici. Personalmente non mi suscita un senso di ammirazione.
Stessa cosa per certi “paesaggi” che alle volte sembrano essere presi da un pianeta alieno.
Parlando poi di temi sociali quali l’inquinamento, se è pur vero che il realizzare pellicole, sviluppi e processi, comporta un grosso rischio inquinamento, altresì la realizzazione di corpi digitali, sensori, computer, stampanti, inchiostri ecc. comporta un inquinamento analogo se non alle volte (tenendo in conto diversi fattori) superiore.
Tornando all’ inizio, personalmente credo che i due sistemi debbano continuare ad esistere parallelamente senza pregiudizi e tenendo in considerazione gli aspetti positivi e negativi di entrambi i sistemi.
Spero che le industrie produttrici di pellicole continuino a credere in tale mezzo ed onestamente vorrei che qualche azienda produttrice di macchine fotografiche prendesse in considerazione l’idea di affiancare maggiori produzioni dedicate all’analogico di fianco al digitale.
Se poi qualcuno avesse a disposizione un “briciolo” di soldi, per favore, mi faccia un regalo personale e compri i diritti dalla Tamron per rilanciare la produzione delle Zenza Bronica magari facendo accordi anche con case costruttrici di dorsi digitali. Così facendo potrebbe essere un idea per far capire a tutti che i due sistemi possono e ddevono coesistere.
Saluti
Cristiano.
"Mi piace""Mi piace"
Sulla fotografia analogica e digitale vorrei fare una osservazione di tipo semantico, che può sembrare banale, ma che personalmente ritengo importante. Se infatti andiamo a scoporre la parola foto-grafia, scopriamo che letteralmente significa disegno di luce o disegnare con la luce. Nell’analogico (che parola fuoriluogo!) avviene questo: Quando i raggi di luce convogliati dall’obiettivo colpiscono la pellicola, su di essa si forma la cosiddetta immagine latente, cioè un modificamento a livello fisico (un “eccitamento” elettromagnetico dei cristalli che compongono l’emulsione), che fa si che esista già un’immagine (per l’appunto disegnata direttamente dalla luce), che poi diventerà visibile in
fase di sviluppo. Nella fotografia digitale, la luce, mi si perdoni la franchezza, non disegna proprio un bel niente, infatti un sensore non fa altro che ricevere il raggio di luce, inviarlo all’ hardware della fotocamera che poi lo trasforma in immagine. Con questo voglio dire che dobbiamo smetterla di dstinguere la fotografia analogica da quella digitale, semplicemente perché la fotografia digitale non esiste, ma semmai si può parlare di immagine digitale e basta. L’unica vera fotografia è quella fatta con la pellicola e con questo non voglio condannare il digitale, ma per favore, cominciamo a chiamare le cose con il loro vero nome.
"Mi piace""Mi piace"